Il lavoro nell'epoca medievale

Come sottolinea il grande storico Gorge Duby il Medioevo costituisce il momento in cui si realizza il “crogiuolo” del mondo romano con quello barbarico (germanico e slavo in particolare). Questo crogiuolo fu facilitato e reso principio di una nuova civiltà dall’opera della Chiesa :«Un giorno i carri dei popoli barbari forzano lo sbarramento che gli eserciti romani opponevano alla loro avanzata. Un giorno Siconio Apollinare è costretto, malgrado la sua ripugnanza ad accogliere i capi germanici nelle costruzioni annesse alla sua dimora, comincia allora il Medioevo. Comincia con l’incontro di due società di struttura simile  […]
Erano entrambe rurali, entrambe schiaviste, entrambe dominate da una forte aristocrazia, e di una brutalità quasi uguale. Si mescolarono senza difficoltà. La Chiesa cristiana, preoccupata di raccogliere sotto una stessa fede tutti gli abitanti della terra, affrettò questa fusione, e sui sepolcri germanici apparvero croci.»
Il cristianesimo si era diffuso nell’impero romano per la sua carica di novità (non dimentichiamo che evangelium deriva da “buona novella”) e per la speranza di “liberazione” di ogni dimensione umana.

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Il cristianesimo costituisce una speranza di emancipazione dalla schiavitù (la condizione più diffusa dei ceti lavoratori del periodo), ma anche dalla durezza e dalla pesantezza della condizione lavorativa di quell’epoca.
Questo accade perché la Chiesa presenta l’annuncio della liberazione non dal lavoro, ma dal non senso del lavoro, in particolare dal non senso del lavoro manuale, considerato come degradante per la persona ed emblema della disagiata condizione di vita dell’uomo in questo mondo
Proprio perché ritiene il lavoro una forma specifica di collaborazione al disegno di Dio e una forma specifica di umanizzazione il cristianesimo rivaluta tutti i tipi di lavoro come espressione della libertà umana e della sua capacità creativa

Una esemplificazione efficace della capacità del cristianesimo di risignificare il senso del lavoro in una modalità che ne valorizza anche gli aspetti più “pesanti” è data dall’esperienza monastica, che fin dai primi secoli costituisce un originale sviluppo dell’annuncio cristiano.

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Questa concezione del lavoro pur non essendo finalizzata esplicitamente all’innovazione o alla creazione di un nuovo sistema economico, genera continuamente nuove modalità  di organizzazione del lavoro che esemplificano la possibilità di  trasformare l’intero contesto socio-economico e di aprire nuovi spazi all’umanizzazione
La concezione cristiana dei rapporti dell’uomo con Dio fa sì che anche i rapporti economici non siano mai solo basati sul contratto, ma siano sempre anche collegati a vincoli e rapporti di natura personale e ideale.
Questo fa sì che la società si sviluppi come una “rete” che garantisce stabilità nei rapporti (tutti avevano diritti e doveri) e una relativa sovrabbondanza (almeno nei periodi di pace) produttiva, che nei momenti difficili genera corresponsabilità nel bisogno.

Nel Medioevo infatti la caratteristica tipica del soggetto del lavoro è la “fraternitas” ovvero la confraternita l’uomo al lavoro non si concepisce mai individualisticamente, ma sempre in rapporto ad una “compagnia”, familiare, di mestiere (le corporazioni), ideale ecc.

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Questo permette un “progresso” sociale ininterrotto, la realizzazione di grandi opere comunitarie (ad esempio le cattedrali) e la nascita di nuove specifiche figure economiche, come il mercante, anche se favorisce al contempo una dinamica conflittuale tra le diverse corporazioni e realtà locali

L’intero periodo sviluppa una creatività sociale e materiale che conduce gli studiosi a definirlo un’età di “sperimentazione innovativa” in tutti gli ambiti, che favorisce l’affermazione della dignità di ogni persona e di ogni lavoro.

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