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La liberazione di Cristo

 

Molto più realmente e profondamente degli dei venuti dall'Oriente, il Cristo libera. Poche parole sono impiegate così di frequente nel Nuovo Testamento che quella della libertà, per cui il messaggio evangelico suona agli orecchi degli uomini, piegati sotto la schiavitù, come l'annuncio gioioso della liberazione.
Senza dubbio, agli schiavi propriamente detti, il Signore non dà la libertà del corpo. Nel suo nome, Paolo non cessa di comandare l'obbedienza ai padroni umani: «Voi servi, siate docili in tutto ai vostri padroni terreni; non servendo solo quando vi vedono, per far piacere agli uomini, ma con cuore semplice e nel timore del Signore» E altrove, in maniera ancora più precisa: «Ciascuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato. Sei stato chiamato da schiavo? Non ti preoccupare; ma anche se puoi diventare libero, profitta piuttosto della tua condizione! Perché lo schiavo che è stato chiamato nel Signore, è un liberto affrancato del Signore! Similmente chi è stato chiamato da libero, è schiavo di Cristo. Siete stati comprati a caro prezzo: non fatevi schiavi degli uomini! Ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando è stato chiamato».
Si indovina facilmente l'eco che dovevano svegliare nelle anime siffatte promesse. In mancanza della libertà civile, troppo spesso illusoria, ciò che gli schiavi trovano nel cristianesimo è la vera libertà dell'anima e, cosa ancora più preziosa ai loro occhi, la piena eguaglianza dei diritti religiosi con i loro padroni. Filosofi come Seneca potevano ben dichiarare che i loro schiavi erano loro fratelli secondo la natura umana. Ma mai li trattano come tali. Nelle assemblee cristiane, al contrario, gli schiavi si istallano accanto ai loro padroni, partecipano accanto ad essi e come essi alla stessa eucaristia e ricevono gli stessi favori spirituali. All'uscita dalla sinassi essi riprendono la loro situazione umiliata, ma per alcuni istanti si sono sentiti veramente liberi, veramente uomini e, più ancora di questo, veramente figli dell'unico Dio.
Com'era possibile non ascoltare gli appelli del Salvatore alla libertà?
Questo non è ancora tutto. Il Cristo libera da tutte le servitù interiori che dominavano fino allora l'umanità. Egli libera i giudei dal fardello della legge mosaica e dalle sue esigenze insopportabili: «Quando eravamo nella carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte. Ora però siamo stati liberati dalla Legge, essendo morti a ciò che ci teneva prigionieri, per servire nel regime nuovo dello Spirito e non nel regime vecchio della lettera». «Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, perché sta scritto: maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per praticarle. E che nessuno possa giustificarsi davanti a Dio per la Legge, risulta dal fatto che il giusto vivrà in virtù della fede. Ora la Legge non si basa sulla fede; al contrario dice che chi praticherà queste cose vivrà per esse. Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: maledetto chi pende dal legno».
Egli libera i pagani della schiavitù del peccato, più pesante forse di quanto non fosse per i giudei la schiavitù della Legge: «Rendete grazie a Dio, perché voi eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito
di cuore a quell'insegnamento che vi è stato trasmesso e così, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia. Parlo con esempi umani a causa della debolezza della vostra carne. Come avete messo
le vostre membra a servizio dell’impurità e dell'iniquità a pro dell’iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione. Quando infatti eravate sotto la schiavitù
del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? Infatti il loro destino è la morte. Ora invece liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino avete la vita eterna. Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Gesù Cristo nostro Signore».
Egli libera infine e soprattutto l'intero genere umano, giudei e pagani, dalla schiavitù della morte, che è la più temibile perché nessuno può vantarsi di sfuggirvi. Invano i nostri desideri ci portano alla vita eterna; invano i salvatori del paganesimo, anche i più potenti, promettono la vita eterna. Nessun mezzo umano è capace di assicurarla. Solo il Cristo porta ai suoi fedeli una certezza decisiva: «Se vivete secondo la carne morrete; se invece con l'aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete. Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abba, Padre. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria».
Si comprende quindi facilmente la gioia che afferra gli uditori della buona novella. Per tutti i poveri che gemono nella schiavitù, per tutti i disillusi che sentono pesare su di sé il peso del destino, la parola libertà esercita una specie di prestigio magico. Essa è il termine inaccessibile di un sogno al quale non si osa più credere e che tuttavia si continua a fare sempre. Ed ecco che dal fondo delle tenebre, dall'abisso della disperazione, una voce si fa intendere: io vi libererò, vi farò nascere ad una vita nuova che non conoscerà alcuna schiavitù. Com'era possibile che questa voce non trovasse un'eco strepitosa, non svegliasse le speranze e non facesse uscire dalla tomba le illusioni tante volte deluse?
Della gioia che fa trasalire il vecchio mondo all'appello del messaggio cristiano, i convertiti ci danno alcune testimonianze. Essi sanno di essere liberati, illuminati, salvati e che la fatalità non fa presa su di loro. «La legge nuova di Gesù Cristo non conosce il giogo della necessità», scrive lo Pseudo Barnaba. Giustino precisa il senso del riscatto cristiano: «Nella nostra prima generazione, nasciamo ignoranti e sotto la necessità ... Perché non restiamo allora figli dell'ignoranza e della necessità, ma diventiamo figli di elezione e di scienza, su colui che aspira alla rigenerazione e si pente delle sue colpe passate, si pronuncia nell'acqua il nome del Padre, Dio e padrone dell'universo...».  
(da Gustave Bardy,  La conversione al cristianesimo nei primi secoli, Jaca Book, 1975)

 

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