Il lavoro nell'epoca medievale

Ora et labora: la struttura del monastero come modello per la città

Ora et labora: il lavoro nel monastero (scriptorium e codici miniati)

Costruttori di cattedrali

Il tempo e il lavoro: il ciclo dei Mesi di Antelami a PARMA

Lavoro intellettuale, fisico, spirituale e politico nelle formelle del campanile di Giotto a Firenze

 

Ora et labora: la struttura del monastero come modello per la città

 
Planimetria dell'abbazia di Fontenay, Fontenay (Borgogna) fondata nel 1118

A partire dall’XI secolo, che sembrava dovesse coincidere con l’anno Mille, l’Europa vede una progressiva rinascita. I monasteri benedettini che costellavano ormai un esteso territorio, che coincideva con le terre allora conosciute, vivono momenti importanti di riforma che portano alla nascita dell’ordine cluniacense prima e di quello cistercense poi. Contemporaneamente le città diventano i centri propulsori dell’economia e iniziano a far valere i propri diritti nei confronti del potere imperiale. In questo contesto i monasteri vengono guardati con particolare attenzione, poiché sono gli unici ad aver conservato –grazie alla Regola di san Benedetto- i principi della democrazia ai quali la città comunale vuole ispirarsi. Il monastero, infatti, è una piccola società totalmente autosufficiente, sia nel soddisfare i bisogni primari, sia nell’organizzazione sociale. I monaci hanno una organizzazione interna per la distribuzione dei lavori e dei compiti ed eleggono democraticamente l’abate. Alla struttura corrispondono gli spazi dell’abbazia, dove si svolge la maggior parte della vita del monaco. L’abbazia ha al suo centro il chiostro, una vera e propria piazza su cui si affacciano gli edifici principali. Primo fra tutti la chiesa, la cui navata coincide con il lato nord del chiostro. Ad est c’è la sala capitolare, dove i monaci si ritrovano ogni giorno per la lettura di un capitolo (da cui il nome) della Regola e per definire e discutere fatti di vita quotidiana o per prendere le grandi decisioni. Al piano superiore il dormitorio e spesso lo scriptorium, il laboratorio in cui si copiavano e decoravano i libri.A sud la grande sala del refettorio e a ovest i locali della foresteria, per chi non era monaco e arrivava in visita. Oltre a questi ambienti il monastero si ampliava verso la campagna con edifici preposti alle specifiche attività di servizio, dalla farmacia alle stalle, ai granai, ai laboratori dove venivano lavorati i prodotti della terra che eccedevano il fabbisogno del monastero. Dall’esigenza di non buttare via nulla sono nati i più importanti vini, grappe, birre, formaggi e via dicendo in ordine di golosità.
Il monastero era quindi visto come un luogo ideale, dove il bene dell’uomo sia custodito e incrementato. La città comunale si conforma a tale modello, laicizzandolo. Nella pianta di una città medievale troviamo sempre la piazza come fulcro della vita sociale, economica e politica. Sulla piazza si trova il palazzo della ragione o palazzo pubblico, sede delle assemblee comunali e luogo del tribunale. Gli statuti stessi dei comuni, cioè le loro leggi democratiche, si ispirano alla regola monastica. Sulla piazza si affaccia anche la chiesa, luogo che garantisce l’unità dei cittadini al di sopra delle loro organizzazioni laiche.

Ora et labora: il lavoro nel monastero (scriptorium e codici miniati)

Iniziale "D" di codice miniato, XI secolo


Uno dei lavori che si svolgevano nei monasteri, per i quali sono passati alla storia, è quello della trascrizione e illustrazione di testi. Oltre alla Bibbia e ai testi religiosi i monaci hanno ricopiato innumerevoli libri di letteratura e filosofia della tradizione greca e romana, oltre che araba, salvandoli così dalla dimenticanza e permettendo che arrivassero fino a noi.
Quello della scrittura era un vero e proprio lavoro e richiedeva una grande professionalità. Innanzitutto bisognava saper leggere e scrivere. Alcuni si specializzavano nella miniatura, la parte più decorativa del testo, che poteva essere semplicemente l’abbellimento di una lettera iniziale fino a occupare l’intera pagina del libro. L’immagine presenta la lettera “D”  del nome di Daniele, il profeta raffigurato tra gli spazi della lettera mentre combatte con il leone. La lettera corrisponde all’iniziale del testo, ma perde ogni connotazione linguistica e diventa una sorta di architettura antri cui si svolge una scena. Vengono utilizzati molti colori e anche l’oro per sottolineare alcune parti delle lettere. Sempre è utilizzato il rosso di minio, che dà il nome alla tecnica della miniatura.

 

Costruttori di cattedrali


Nel suo testo Costruttori di cattedrali lo storico Jean Gimpel introduce il suo studio sulle cattedrali con queste parole: «Nel corso di tre secoli, dal 1050 al 1350, la Francia ha estratto dalle sue cave milioni di tonnellate di pietre per edificare ottanta cattedrali, cinquecento chiese grandi e qualche decina di migliaia di chiese parrocchiali. Ha trasportato una più grande quantità di pietre la Francia in quei tre secoli che l’antico Egitto in qualsiasi periodo della sua storia (...). Le fondamenta delle grandi cattedrali penetrano fino a dieci metri di profondità (è il livello medio di una stazione del metro parigino) e forano in certi casi una massa di pietra non meno grande di quella visibile». Questa affermazione ci dà la misura del fenomeno imponente che è stato quello della costruzione delle cattedrali in epoca medievale. Un impegno gravoso che non poteva certo ricadere tutto sulle risorse della Chiesa. Le cattedrali sono al centro delle città comunali di cui diventano simbolo di ricchezza e prestigio. Spesso il vescovo non è che l’iniziatore morale della costruzione, che nasce e cresce per volontà dei privati. Si costituiscono società che hanno il compito di organizzare, condurre e pagare i lavori e i materiali. Si chiameranno “opera del Duomo” e molto spesso sono ancora vigenti e si occupano anche oggi della gestione ordinaria delle cattedrali. Le cattedrali sono il vanto e lo specchio della città, per cui le associazioni dei ricchi mercanti facevano a gara a contribuire con opere sontuose al decoro della chiesa, offrendo vetrate, sculture, altari o oggetti per il culto. Il legame tra il benessere delle città e dei cittadini ottenuto grazie al  loro lavoro e la magnificenza delle chiese era evidente anche a chi arrivava da fuori, che poteva così comprendere a colpo d’occhio con chi avrebbe avuto a che fare.

 

Il tempo e il lavoro: il ciclo dei Mesi di Antelami a PARMA

 Benedetto Antelami, Mese di agosto.
A partire dal 1196.
Parma, Battistero.

La cultura medievale non separava gli aspetti della vita e cercava continuamente i legami tra la quotidianità e la religiosità. Nella chiesa si trovava sempre un riferimento al tempo della vita dell’uomo, scandito dai lavori che in un mondo ancora prevalentemente contadino seguono la ciclicità delle stagioni. Entro gli edifici religiosi, oppure appena fuori, si trovavano di frequente dei “calendari” particolari in cui l’anno viene rappresentato da dodici gruppi scultorei corrispondenti ai dodici mesi. Uno dei cicli più noti è quello scolpito da Benedetto Antelami per il battistero di Parma. Purtroppo è andata perduta la struttura originale dell’insieme e i dodici personaggi che interpretano i mesi sono oggi collocati in alto, senza più nessuna connessione diretta. Ogni mese era interpretato da un personaggio intento all’attività che prevale nella vita delle campagne. Talvolta è accompagnato dal simbolo zodiacale della costellazione corrispondente. Qui si vede il mese di agosto, con un contadino intento a preparare una botte, in attesa della vendemmia che avverrà di lì a poco.

 

Lavoro intellettuale, fisico, spirituale e politico nelle formelle del campanile di Giotto a Firenze

Andrea Pisano, Arte della costruzione, marmo, h. 100 cm, 1340
Firenze, Museo dell’Opera del Duomo

La formella che raffigura l’arte della costruzione ci presenta tre figure che stanno lavorando alla costruzione di un edificio. Non sappiamo di quale tipo di edificio si tratti, ma deve essere imponente se scorgiamo ben due piani di impalcature senza vederne la base. I due muratori costruiscono il muro pietra su pietra, sotto la direzione vigile del capomastro che tiene in mano il progetto dell’opera. Perché l’uomo lavora bene se ha qualcuno da seguire che gli indica cosa fare. La figura centrale del capomastro è decisamente sproporzionata alle altre due e la sua posa ci fa intuire la sua naturale autorevolezza. I due muratori si inchinano nell’atto di sistemare le pietre sul muro e così facendo seguono l’inclinazione dei due lati superiori della formella esagonale.
La figura a destra è impegnata a sistemare una pietra, battendola con il mazzuolo perché aderisca perfettamente alla parte inferiore del muro già costruito.
Indossa una tunica corta, che non limita i movimenti, e un grembiule legato in vita. Ai piedi porta un paio di calzari.
Il capomastro ha il volto e l’atteggiamento di Gesù. Proprio come nell’immagine del Cristo Giudice egli tiene in mano il Libro, mentre con la destra fa un gesto di benedizione.

 

Andrea da Pontedera detto Pisano (1290 ca. – dopo 1348).
E’ probabile che abbia iniziato la sua attività a Firenze come orafo presso la bottega di Andrea di Jacopo d’Ognabene; ma la sua prima opera nota è la Porta Sud di bronzo del Battistero di Firenze (1330-36).
Alla morte di Giotto (1337) Andrea fu chiamato a proseguirne l'opera nei lavori per il campanile di Santa Maria del Fiore, divenendo capomastro dell'Opera del Duomo nel 1340. Dimostratasi infondata l'attribuzione ad Andrea di una modifica nelle forme del basamento del campanile, rimane invece certa l'esecuzione di diciotto formelle marmoree del primo ordine (sei delle quali realizzate in collaborazione con il figlio Nino), illustranti, entro cornici esagonali, tre scene della Genesi e la storia delle attività umane.

Firenze nel 1340 era una città ricca grazie alle attività artigianali e commerciali, in mano alla classe borghese. Era un libero Comune molto potente che estendeva la sua influenza a tutto il centro Italia. Sopravvissuta all’epidemia di peste degli inizi del ‘300 stava rinnovando la propria immagine e lo faceva affidando a questo compito agli artisti, ai quali vennero commissionati molti interventi pubblici nella città. Uno di questi interventi è proprio il completamento del Duomo di Santa Maria del Fiore e la costruzione dell’annesso campanile. Il progetto era stato affidato ad Arnolfo di Cambio che ne inizia la fabbrica nel 1296. È un edificio di proporzioni gigantesche, che può contenere fino a 30.000 persone: praticamente diventa il prolungamento della piazza antistante ed è essa stessa una specie di piazza chiusa e coperta. L’incarico di soprintendente della Fabbrica del Duomo negli anni trenta del Trecento viene dato a Giotto.
La piazza del Duomo è il centro della vita spirituale di Firenze. L’altro “centro”, quello della vita politica, è piazza della Signoria dove di trova Palazzo Vecchio, sede del governo dei Priori del Comune fiorentino e poi della Signoria dei Medici. Nella piazza si svolgono i più importanti avvenimenti della città e i tre monumenti più importanti dialogano tra loro: il Battistero dell’XI secolo, il Duomo o Basilica di Santa Maria del Fiore della fine del XII secolo (ma la facciata attuale è del XIX secolo) e il campanile del XIV secolo.

Il campanile
Nel 1337 alla morte di Giotto fu affidato ad Andrea Pisano l’incarico di proseguire i lavori del Duomo e del campanile e nel 1340 divenne Capomastro dell’Opera del Duomo. Si occupò prevalentemente della costruzione del campanile, di cui curò non solo l’architettura, ma anche la decorazione. Sua è probabilmente l’idea di disporre su ciascuno dei quattro lati del campanile una fila di bassorilievi dentro una cornice esagonale (chiamati “formelle”) e una fila di formelle romboidali. Le immagini scolpite su ciascun lato rimandano a un aspetto del lavoro: innanzitutto il lavoro dell’uomo come collaborazione al compimento della Creazione operata da Dio; il lavoro della conoscenza di Cristo, cioè la vita nella Fede cristiana dominata dalle Virtù teologali (Fede, Speranza, Carità) e cardinali (Prudenza, Giustizia, Temperanza, Fortezza); segue il tema del lavoro intellettuale, cioè lo studio delle scienze e delle lettere; infine il lato verso il Duomo descrive il lavoro di Cristo come uomo, che attraverso i Sacramenti ha unito Dio a tutto ciò che è caratteristico dell’umanità.