|
La Lambretta
Il personaggio
Il contesto e l'idea
Il progetto e la produzione
Gli sviluppi

Il personaggio
Ferdinando Innocenti è un figlio d’arte. Suo padre è infatti un artigiano del ferro. In Toscana, dove è nato e cresciuto, Ferdinando dà vita a diverse attività artigiane e commerciali, finché non si trasferisce a Roma, dove fonda una fabbrica di tubi d’acciaio. In breve diventa un leader nella produzione di tubi per ponteggi, producendo su licenza i giunti che servono per il montaggio. I “tubi Innocenti” diventano la struttura più utilizzata per i canteri edili, che in Italia, prima della grande crisi economica mondiale del 1929, sono in grande espansione.
Nel 1931 sposta le sue attività a Milano, costituendo a est della città, nel quartiere di Lambrate, la più grande fabbrica di tubazioni d'acciaio senza giunti. Nel 1934 l’Italia ospita la seconda edizione dei Campionati mondiali di calcio: Innocenti si aggiudica i lavori per gli ampliamenti degli stadi, che vengono ingranditi spesso proprio con delle tribune costruite con i suoi ormai famosissimi tubi.
In quegli anni l’Italia, sotto il fascismo, comincia una politica estera da “grande potenza”, iniziando la guerra per la conquista dell’Etiopia, al fine di poter realizzare un impero coloniale simile a quello dell’Inghilterra e della Francia. Pochi anni dopo, nel 1940, l’impegno bellico diventerà ancora maggiore, con l’entrata dell’Italia nella II guerra mondiale al fianco della Germania nazista.
Innocenti, grazie alla sua incontrastata leadership nella fabbricazione di prodotti tubolari metallici, diventa uno dei maggiori produttori di proiettili di artiglieria, sia per l’esercito che per la marina, assicurandosi sempre maggiori commesse dalle Forze Armate
Negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, l’Italia è divisa in due. Da sud risalgono lentamente gli Alleati anglo americani (che sbarcano in Sicilia e vicino a Roma tra il 1942 e il 1943), mentre il nord rimane sotto l’occupazione tedesca ed è teatro delle attività della resistenza partigiana.
Innocenti si trasferisce a Roma (sotto il controllo anglo americano) mentre la fabbrica di Milano viene bombardata e distrutta. Innocenti, in attesa che finisca la guerra per poter riattivare gli stabilimenti di Milano comincia a studiare il prodotto che avrebbe potuto trainare la riconversione industriale della sua attività. La fine della guerra e il ridimensionamento della struttura militare italiana a seguito della sconfitta non avrebbero più permesso di far prosperare l’azienda grazie alle forniture militari.
Lo indovinerà, e questo farà di lui uno dei principali industriali italiani fino agli anni ‘70
Il contesto e l’idea
La guerra è finita. L'Italia è sconfitta, le sue città, soprattutto al nord, sono ridotte a un cumulo di macerie. Decine di migliaia di uomini sono morti, feriti, dispersi sul fronte russo, prigionieri degli alleati in campi in Nord Africa. D’altra parte le fabbriche sono state in larga misura distrutte e moltissimi operai sono rimasti senza lavoro.
I problemi sono difficilissimi da risolvere: per ricostruire un tessuto industriale tale da poter creare decine di migliaia di posti di lavoro, occorre avere un mercato che sia pronto a comprare grandi quantità di beni. Ma se tutti sono poveri, se le infrastrutture sono distrutte, se la maggior parte delle famiglie non può contare su entrate fisse per mancanza di lavoro, il mercato non potrà richiedere se non i beni di primissima necessità.
Eppure c’è bisogno di tutto. E quindi bisogna ricostruire tutto. Questa spinta iniziale, questa domanda permette di immaginare come risolvere questi problemi.
Bisogna cominciare a produrre beni di consumo a basso costo, che possano avere un prezzo contenuto e che quindi siano accessibili alla gran parte della popolazione.
Dopo vent’anni di dittatura di cui gli ultimi cinque di guerra, in Italia c’è un grande desiderio di libertà. Negli stabilimenti di Ferdinando Innocenti a Milano quello che si è capaci di fare meglio sono i tubi. In questa situazione nasce la Lambretta.
Ferdinando Innocenti, stando a Roma, ha modo di vedere i mezzi aviotrasportati dei parà inglesi. E’ un mezzo come quello che può fare al caso dell’Italia del 1945…
Le caratteristiche del primo modello infatti sono essenziali: motore due tempi a miscela da 125 cc, cambio a pedale a tre velocità, trasmissione ad albero, niente sospensione posteriore e soprattutto il telaio costruito da tubi in acciaio
E’ un mezzo spartano, scoperto, dalle ruote piccole (forse di derivazione aeronautica), ma permette agli Italiani di cominciare a muoversi, di andare a lavorare, di viaggiare.
Che lo scooter sia il prodotto giusto lo dimostra anche il fatto che Innocenti non sarà il solo ad avere questa idea. Negli stessi anni, negli stabilimenti della Piaggio, prima a Genova e poi a Pontedera in provincia di Pisa, nascerà la Vespa. Si tratta di un veicolo più elaborato, carenato fin dal primo modello, insomma, un’altra concezione della stessa idea di fondo.
Innocenti, appena si tratta di sviluppare l’idea, infatti, contatterà l’ingegner D'Ascanio, ufficiale presso il Centro Sperimentale dell’aeronautica di Guidonia, in provincia di Roma. Tra i due però ci sono ben presto divergenze proprio sull’impostazione tecnica da dare al veicolo. D'Ascanio andrà alla Piaggio e sarà il papà della Vespa.
Innocenti allora contatta un altro responsabile del Centro Sperimentale, l’ingegner Torre, che svilupperà il progetto.
La Lambretta ha una struttura tubolare (il marchio di fabbrica…) su cui la carrozzeria viene montata, mentre la Vespa, è costruita su un telaio costituito da un unico pezzo. La carrozzeria scoperta è l’elemento che distingue la Lambretta: tubi in bella vista, sellini separati, serbatoi e bauletti montati sulla struttura. Solo dal 1950 sopra questa struttura viene applicata, in alcuni modelli, una carenatura, anche perché man mano i requisiti degli acquirenti sono sempre più rivolti alla comodità, alla possibilità di usare il mezzo senza doversi sporcare con l’olio del motore, alla ricercatezza delle forme e dei colori.
Nonostante la “rivalità” Lambretta e Vespa saranno i primi strumenti per la motorizzazione di massa dell’Italia: se si guardano le prime pubblicità ci si accorge che il punto sollecitato è proprio il desiderio di libertà, di andare lontano, di indipendenza
Il progetto e la produzione
Innocenti torna a Milano nel 1947 con la sua grande idea. Deve ristrutturare l’azienda, licenziare il personale impegnato nelle produzioni militari, organizzare una produzione del tutto nuova.
Riesce ad avere la fiducia dei lavoratori e può quindi cominciare la sua ristrutturazione, che si articola sostanzialmente su due produzioni: gli scooter da una parte, la meccanica pesante dall’altra (macchinari industriali, etc)
Dal punto di vista finanziario la situazione è critica, anche perché in quel periodo circola pochissimo denaro. I primi grandi lavori che Innocenti riesce a ottenere nel settore della fornitura di macchinari all’estero gli vengono pagati in carbone e materie prime.
D’altra parte, senza soldi è difficile riuscire ad avere quello che serve per costruire un prodotto nuovo (ghisa, alluminio, etc) nel momento in cui gli operai sono pronti a lavorare.
Infatti, nonostante ci sia già una rete di vendita pronta a distribuire la Lambretta in quasi tutta Italia, la produzione all’inizio non decolla. Anzi, si riesce a malapena e produrre qualche prototipo da mandare alle varie esposizioni internazionali.
I primi anni sono durissimi: anche passato il primissimo periodo disastrato per le conseguenze ancora pesanti della guerra appena finita, la produzione di Lambrette è meno del 10% di quella prevista: questo soprattutto perché l’azienda non è organizzata per produrre beni di consumo, cioè che devono essere consegnati in tempi rapidi e secondo il gusto del cliente.
Se non bastasse questo, il primo modello è pieno di difetti tecnici, tanto è vero che alla fine del 1948, quando ormai la riorganizzazione dei reparti è stata ultimata, delle 85 lambrette che si potrebbero produrre ogni giorno se ne riescono a vendere solo 70.
Sentite cosa dicono i dirigenti Innocenti di quei primi momenti:
"la produzione di moto scooter rappresenta un'avventura che ha rischiato e rischia tuttora di mandare l'azienda in rovina; oltre ad aver assorbito tutto l'utile della meccanica pesante e' andata ad intaccare anche le quote delle prenotazioni." (Ing. Lauro, direttore di stabilimento)
"l'avviamento della produzione della Lambretta, per una serie di errori commessi e' costata all'azienda un immane sacrificio" nell'ordine di 500.000.000 in più del previsto” (Moro, del consiglio di gestione della fabbrica)
"in questo periodo ci siamo mangiati il 30% finanziando la produzione della Lambretta"
Ci vuole subito un nuovo modello. Nasce il Tipo B. Ha la stessa struttura e lo stesso motore (i grandi punti di forza della Lambretta), ma ha un cambio nuovo, alla manopola e non più a pedale, più facile da usare, finalmente le sospensioni posteriori (e anche quelle anteriori vengono migliorate), un aspetto un po’ meno da mezzo militare…..

Finalmente, alla fine del 1949, si arriva alla produzione prevista per l’inizio (circa 150 pezzi al giorno) finalmente organizzata in modo razionale, e il successo è tale che non si riesce a star dietro agli ordinativi. Anche i conti dell’azienda si assestano rapidamente
Gli sviluppi
La Lambretta è finalmente un prodotto industriale: questo significa che la gente comincia ad apprezzarla perché funziona, perché risponde a bisogni ed esigenze, e non più solo perché è una bella idea del signor Innocenti.
Occorre però tenere la produzione sempre aggiornata, non farsi travolgere dalla concorrenza (la Vespa, e poi negli anni la 500 Fiat), seguire la moda (la Lambretta diventa una specie di oggetto cult in Inghilterra negli anni 60), offrire un prodotto tecnicamente valido.
Fino al 1972, ultimo anno di produzione, ci saranno 15 versioni diverse (dal 1957 tutte carenate), alcune delle quali di grande interesse tecnico. Ad esempio il modello Turismo Veloce, prodotto dalla metà degli anni ‘60, il primo scooter a montare i freni a disco anteriori. Ma ormai la Lambretta non risponde più al grande bisogno degli italiani. Le vendite vanno male, la Innocenti comincia ad avventurarsi nella produzioni di piccole automobili (le Mini Morris, prodotte su licenza della British Motor Corporation, poi British Leyland, migliori dell’originale), la Vespa allarga la sua quota in un mercato che è sempre più di nicchia. La produzione si sposta in Sud America e in Spagna.
Nel 1972 dagli stabilimenti di Lambrate esce l’ultimo esemplare di Lambretta 125 DL.
Ma le idee, se sono buone, rispondono nei modi più inaspettati.
Contemporaneamente alla chiusura della linea di produzione della Lambretta in Italia, il governo indiano compra tutto e trasferisce la produzione a Lucknow, nello stato dell’Uttar Pradesh. L’India è a quel tempo simile all’Italia del dopo guerra: grande desiderio di libertà, grande povertà, grandi prospettive ancora da conquistare, poche strade, pochi soldi….
La Scooter of India Limited produrrà Lambrette fino al 1998.
|
|