Pazienza e cortesia nei confronti di chi
scambia "aula" con "cella".

La distanza che ci separa dalla logica della qualità è misurabile con la leggerezza di chi, continuando a lamentarsi, sogna di trasformare le aule scolastiche in celle sorvegliate a vista.
Si abbia la pazienza di leggere questo articolo e si usi
la cortesia di non commentare questa perla della comunicazione sulla scuola italiana.

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Scuola: ineludibile urgenza
(con piccola, finale, provocazione)

• da Corriere adriatico del 21 giugno 2005, pag. 1
di Fulvio Cammarano

Una volta c’era la scuola dell’obbligo. Poi le "superiori" e infine l’Università. C’era la bocciatura, ma soprattutto incombevano gli "esami di riparazione". Essere "rimandati a settembre"
era una delle minacce più temute dagli studenti. Implicava, oltre la paternale più o meno manesca
da parte dei genitori, anche un’estate dimezzata,
se non rovinata, dalla necessità di studiare per salvare l’anno scolastico.

Un piccolo mondo autosufficiente che però aveva il suo asse nell’indiscussa alleanza tra genitori ed insegnanti che impediva allo studente di trovare scappatoie ai propri doveri. Adesso l’alleanza è finita. I genitori sono sempre più spesso dalla parte dei figli. Giusto, sbagliato? Chi può dirlo?
Purtroppo o per fortuna anche la scuola è nel flusso della storia e in quel flusso è sempre stato difficile distinguere nettamente il torto e la ragione, il progresso e l’arretratezza e dunque sarebbe inutile discutere del valore del vecchio sistema e del nuovo.

La scuola si è modificata con la società. Questa è più scolarizzata perché si può permettere senza drammi di mantenere più a lungo in famiglia i propri figli. La famiglia a sua volta ha cambiato profilo: i genitori diplomati e laureati si sentono tutti un po’ psicologi e pedagogisti, pertanto fanno fatica ad accettare le valutazioni negative sui propri figli che il più delle volte vengono percepite come un giudizio su se stessi. Gli insegnanti erano una piccola corporazione con un proprio decoro e autorità mentre adesso sono in un angolo, isolati e stretti tra le maglie di una burocrazia sempre più asfissiante, le lamentele delle famiglie e una ridottissima visibilità sociale. La comunità nazionale, infine, sta definitivamente affossando il valore ed il senso della scuola pubblica che sino a trent’anni fa era ancora il possibile trampolino per una futura realizzazione professionale
mentre oggi, ridotta ad una sorta di punching ball delle politiche pubbliche di ogni governo, è un’istituzione in difficoltà dove solo i più fortunati potranno trovare stimoli per orientarsi nella vita.

Per chi non incontrerà insegnanti disposti al sacrificio e ad un impegno personale spesso vilipeso se non addirittura osteggiato dal sistema, la scuola diventa una sorta di grande parcheggio in cui sperimentare frustrazioni di ogni genere. In molti, dunque, hanno contribuito a fare della scuola tradizionale un non valore anche alla luce di giuste considerazioni sulle trasformazioni socio-economiche in corso. Tuttavia nessuno è ancora riuscito a dare un valido modello alternativo a quel sistema. E forse è proprio per questo che alla fine dell’anno scolastico è diventato molto difficile accettare il verdetto, quando questo è negativo.

Essere respinti in un sistema che si ritiene dequalificato e che promuove quasi tutti è un’umilia-zione molto più inaccettabile di un tempo. La scuola deve tornare ad essere un luogo di formazione e d’impegno. Questo vale per gli studenti, gli insegnanti e l’amministrazione. Soprattutto un luogo pubblico, in cui tutto deve essere trasparente e in cui tutti devono rispettare ed essere rispettati. Per garantire questo risultato non c’è bisogno però dell’ennesima riforma. Basterebbe fornire ogni classe di un sistema di videoregistrazione.

Questo banale congegno (il cui costo è certamente inferiore alle spese delle decine di pletoriche commissioni ministeriali e a quelle dei ricorsi al T.A.R.) metterebbe fine ai tanti misteri su stranezze, mobbing ed ingiustizie che si verificano nel chiuso delle aule, garantirebbe docenti e studenti da eventuali fantastiche accuse, permetterebbe la verifica del lavoro svolto e via di seguito. Il materiale registrato dovrebbe essere messo a disposizione degli ispettori ministeriali (e dei genitori) solo in caso di ricorsi o contestazioni. Molte delle quali, tuttavia, sono convinto, verrebbero meno, di fronte a
elementi di prova così oggettivi che ovviamente non dovrebbero comunque interferire con l’autonomia di giudizio e della libertà d’insegnamento del docente. Insomma la tecnologia in questo caso favorirebbe
più eque e pubbliche valutazioni di tanti fattori ora oggetto di irrisolvibili e interminabili contestazioni da parte dei protagonisti.
Una sorta di "moviola in campo" che però, possiamo starne certi, molti di quei protagonisti, non accetteranno mai.
Lascio a voi indovinare il perché.