Utile polemica Moratti-Pirani tra bulli e sigle.
                                di Fabio Trazza

La Repubblica, 14,15,16 maggio 2005. – Un’utile polemica si è svolta sulle colonne de La Repubblica tra il giornalista Mario Pirani e il ministro Letizia Moratti.
I nostri contendenti, entrambi preparatissimi, si sono sfidati sul terreno del "bullismo".
Non penso siano riusciti a rimediare un "bullo" di meno a scuola.
Anzi, ho l’impressione che ne avremo sempre di più nelle nostre aule, perché i "bulli" non li fabbrica la scuola. Noi li ospitiamo soltanto. E cerchiamo di rinsavirli. I "bulli" li crea (e li coccola) la società esterna (ed estranea) alla scuola. Alla fine ne riconsegnamo meno di quanti non ne abbiamo ricevuto.
Ma penso che i nostri contendenti si siano accorti da soli della loro sostanziale estraneità a quel processo defatigante, ma creativo, che consente ai docenti più bravi di fissare il "bullo", guardarlo nella sua povera essenzialità e ridurlo alla salutare compagnia della convivenza con i propri compagni e i propri docenti.
Pregherei il giornalista Mario Pirani e il ministro
Letizia Moratti, se dovessero leggere questo
articolo, di non dolersi di questa "loro sostanziale estraneità". Non lo dico per diminuire la loro alta competenza ed autorità. Ma si tratta di un problema di funzioni: il docente incontra tanti "bulli" tra gli studenti e cerca di educarli, riuscendoci a volte; il giornalista e il ministro incontrano altrettanti "bulli" tra i loro simili, giornalisti e ministri e cercano di educarli, spero, ma son certo non riusciranno mai.
Comunque, i nostri contendenti, accortisi della loro sostanziale estraneità, sono passati a duellare su altro terreno: le "sigle" incomprensibili che si adopererebbero nella scuola per indicare in modo abbreviato i tanti moduli e schemi che devono essere riempiti per la vita scolastica di uno studente.
Hanno ragione: sono veramente troppi e, in nome della riforma, ci fanno ripiombare nel peggiore burocratese.
Ma non pensino che anche su questo fronte abbiano maggiore voce in capitolo:
i docenti italiani, certo, in tanti, tantissimi, sono spesso demotivati e depressi, anche a causa di tante scartoffie, alle quali devono soggiacere con lo stesso spirito di chi era costretto alle prestazioni feudali gratuite. In cuor loro, però, sanno bene che sia gli ‘Osa’ (Obiettivi specifici di apprendimento), sia gli ‘Uia’ (Unità individuali di apprendimento), di cui tanto si scandalizza Pirani, valgono meno (nel senso che costano meno) di tante altre sigle che vengono loro imposte dal 740, dal 730, dall’Irpef, dal Tfr, dall’addizionale regionale Irpef, dall’addizionale comunale, dall’Impdap, dal Fondo Credito, dall’Aliquota massima, media e progressiva.
E, per ricordare a ministri e giornalisti quanto le loro dispute siano poco credibili alle orecchie dei docenti,
li invito a riflettere sull’ultima voce-annuncio che è apparsa recentemente in coda alla loro "Distinta
delle competenze mensili":
"È nato ‘Espero’ fondo previdenza complementare personale scuola. Vi si accede sottoscrivendo modulo presso segreteria scuola e sedi sindacato. Per informazioni rivolgersi alle OO.SS., al Fondo (848.800.270 –
www.fondoespero.it), alle segreterie scuole, agli sportelli Inpdap".
Sapete qualche docente cosa ha pensato, leggendo la notizia?
Che con una nuova sigla gli veniva fatto un altro invito da accogliere a braccia e cuore aperti, se solo nella sigla avesse saputo metterci un bravo spazietto: E SPERO!
Sì, il docente spera sempre, se no, perché
rimarrebbe a scuola, tra così tante sigle e così pochi soldi?