Vi raccontiamo un'esperienza.
Per la sua singolarità potrebbe essere indicativa del ruolo, ma anche della
deriva, cui può andare incontro la componente dei genitori nel momento in
cui decide, quando decide, di mettere il naso nella scuola.
In un notissimo liceo milanese (di cui evitiamo di fare il nome) un genitore
(di cui evitiamo di fare il nome) decide di
organizzare tutti gli altri genitori che può (e quindi tutti)
contro una povera professoressa di matematica (di cui evitiamo di fare il
nome), rea di avere messo due e tre agli studenti, come se si non si potesse
più.
Questo genitore è riuscito, con l'urto di massa, a imporre al
dirigente scolastico la richiesta di un'ispezione sull'operato
didattico della docente.
L'ispezione ha avuto luogo con cura e nulla è emerso a carico
della docente, se non un semplice fraterno consiglio ad alzare i voti verso
il quattro, per evitare le punte più polemiche. Ma il genitore non si è
sentito soddisfatto: a suo parere sua figlia non meritava l'insufficenza e
lui stesso non meritava che l'ispezione si concludesse senza essere
ascoltato direttamente dall'ispettore (o dall'ispettrice che dir si voglia
-abbiamo evitato di fornire elementi che identifichino gli attori di questa
vicenda-).
Il contenuto del messaggio del genitore è di questo tipo:"io sono
ingegnere, so valutare che il compito di mia figlia è valido; ho relazioni
con professori universitari, uno dei quali mi conferma che il compito in
classe della figlia è stato giudicato negativamente solo per l'incompetenza
della docente."
Per fortuna la professoressa si è rivelata, a prova di ispezione, degna
della massima competenza e il suo comportamento è stato avallato dagli
organismi ispettivi.
Qual è il senso di quanto vi abbiamo raccontato?
Molto semplice:
1- quando i genitori entrano a scuola polverizzando il loro
interesse al sistema educativo nella pseudotutela dei piccoli
interessi personali, possono nuocere gravemente alla salute
dell'istituzione scolastica ed educativa;
2- quando i genitori, per difendere tali interessi particolari, o
personali per meglio dire, intervenendo con arroganza, alterigia
o prepotenza, di fatto diventano un caso letterario.
Infatti la loro vicenda, o la loro piccolezza, è definita
magnificamente in uno dei primissimi capitoli, il terzo per
l'esattezza, di un bel libro che io faccio leggere a tutti i miei
studenti (ma a questo punto lo consiglierò anche ai genitori):
Gioventù senza Dio di Odon Von Horvath. Il capitolo si intitola
"I plebei ricchi". Non basta essere ingegneri e avere per amici
professori universitari per non essere plebei che pensano di
vivere in un mondo plebeo in cui solo i soldi hanno valore. Anzi
"i plebei ricchi abbandonarono il popolo e assieme ai patrizi,
che si avviavano alla decadenza formarono [n.d.r.:nella Roma
antica], la nuova aristocrazia burocratica, i cosidetti
optimates"(O. V. Horvath, Garzanti, 1998, p.16).
Nella scuola, per far crescere i giovani, non abbiamo bisogno di
nuove aristocrazie burocratiche, ma di una migliore qualità della
scuola stessa, fatta dal concorso pacifico e creativo di docenti,
studenti e genitori.
Fabio Trazza