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BENJAMIN FRANKLIN: Un esempio di laboriosità e capacità di innovazione

Culto della laboriosità e formazione morale del giovane Benjamin

Io continuai ad occuparmi del mestiere di mio padre per due anni, vale a dire fino a che ebbi toccato il mio dodicesimo; e mio fratello Giovanni, ch'era stato pure avviato a questo, essendosi ammogliato e separato dalla famiglia per stabilirsi a Rhode Island, v'era ogni probabilità che io fossi destinato ad occupare il suo posto, ed a rimaner fabbricante di candele per tutta la vita. Ma la mia avversione a questo stato non scemava, e il babbo temette che, se non me ne offriva uno più a mio genio, mi dessi al vagabondo, o mi buttassi al marinaio, come fatto, con grande suo rammarico, da mio fratello Giosia. Per la qual cosa mi conduceva talvolta a veder lavorare muratori, calderai, falegnami, ed altri tali artigiani, onde scoprire la mia inclinazione, e poterla fissare su qualche arte che m'impegnasse alla terraferma. Queste visite sono state cagione, che poi mi fu sempre molto piacevole il vedere valenti operai occupati coi loro ordigni; e mi portarono utilità, avvegnaché mi hanno messo in grado di fare alcune piccole coserelle per mio uso, quando non ho avuto operai alla mano, e di costrurre macchinette per le mie esperienze, mentre che la idea da me concepita era ancor fresca e vivamente impressa nella immaginazione.
Finalmente si risolvette di farmi apprendere il mestiere di coltellinaio; e fui messo a prova da Samuele Franklin, figlio dello zio Beniamino, che aveva imparata la professione a Londra, e si era stanziato in Boston. Ma questi chiedeva troppo pel mio tirocinio; così che in capo a pochi giorni fui richiamato a casa.
Fino dalla fanciullezza io amava la lettura; ed ogni solduccio che avessi lo spendeva in libri. Dilettato dal Viaggio del Pellegrino di Bunyan, il mio primo acquisto fu la raccolta delle opere di questo autore, in piccoli volumi; che di poi vendetti per comperare la Collezione storica di R. Burton, la quale consisteva in quaranta o cinquanta volumetti di poco costo.
La libreria di mio padre era poca cosa, e quasi interamente di opere di polemica religiose; delle quali lessi la più gran parte; e in seguito dovetti dolermi, che in un tempo in cui aveva sì gran sete d'imparare, non mi fossero caduti nelle mani libri più confacenti; poiché era già deciso che non doveva essere educato per lo stato ecclesiastico. Eranvi però fra quei libri le Vite di Plutarco, ch'io non rifinivo di leggere, e stimo tuttavia di avere vantaggiosamente impiegato il tempo che ho dato a questa lettura. Vi trovai inoltre un'opera di De Foe, intitolata: Saggio sui Progetti; e un'altra del dottor Mather: Saggio intorno al modo di fare il Bene; e da questi libri per avventura ebbi impressioni, che hanno influito su taluni de' principali avvenimenti della mia vita.
L'amore ch'io portava ai libri determinò da ultimo mio padre a far di me uno stampatore, quantunque avesse già un figlio (Giacomo) avviato a simile professione. Questo mio fratello era ritornato dall'Inghilterra nel 1717 con un torchio e dei caratteri, onde erigere una tipografia a Boston; ed a me questo stato piaceva molto più di quello che allora seguiva: avevo però sempre grande predilezione pel mare. Onde impedire gli effetti di questa fantasia, mio padre era impaziente di vedermi allogato col fratello; ed io ricusatomi per alcun tempo, finalmente mi lasciai persuadere, e firmai il contratto di tirocinio che aveva appena dodici anni. Fu convenuto, che avrei servito come apprendista fino all'età di ventun'anni, e solo nell'ultimo anno cominciato a ricever salario.
in breve tempo feci notevole progresso in quest'arte e divenni utilissimo al fratello.
(da B. Franklin, Vita scritta da se medesimo, tr. it. P. Rotondi, Firenze, 1879, pag. 14-16)

L'invenzione della stufa

Per osservare l'ordine dei tempi, avrei dovuto dire prima d'ora, che avendo io nel 1742 inventata una stufa aperta dinanzi, per meglio scaldare ambienti e fare anche risparmio di combustibile, giacché l'aria fredda si scalda entrandovi; ne donai il modello a Roberto Grace, uno de' miei più antichi amici, il quale, proprietario di una fonderia di ferro, poté fare di bei guadagni colla preparazione delle lastre occorrenti per tale genere di stufe, venute subito in voga. Ma per promuovere ancora maggiormente questa voga, io volli altresì pubblicare un libretto, che aveva per titolo: Descrizione del caminetti pensilvani, stati di fresco inventati; ove è particolarmente spiegata la loro costruzione e il modo di agire; e dimostratane la superiorità a paragone d’ogni altro metodo di scaldare stanze. Vi è fatta inoltre vittoriosa risposta a tutte le obiezioni che furono immaginate per impedirne l'uso; ecc. Il libretto fece buona impressione; ed il governatore Thomas ammirò talmente la costruzione dell'ordigno descrittovi, che mi fece offerta di una patente di privativa, per averne la vendita io solo durante un certo numero d'anni. Ma declinai questo favore, per un principio che sempre in consimili occasioni ebbe gran forza sull'animo mio; cioè: «Che siccome invenzioni altrui ci apportano grandi comodità, cosi noi dobbiamo esser ben contenti quando ci venga fatto di poter servire noi pure gli altri, con qualche nostro bel trovato; e lo dobbiamo liberamente, generosamente».
Un fabbro ferraio di Londra, però, appropriandosi molta parte del mio opuscolo, ed alternandone il dettato cosi da farlo passare per un suo proprio scritto; e facendo anche de' lievi mutamenti alla macchina, che la deteriorarono piuttosto che altro, strappò una patente per questa sua invenzione; la quale, come mi fu detto, gli produsse un discreto guadagno. Né questo è il solo esempio di patenti usurpate da altri per mie invenzioni, quantunque non sempre con eguale successo; ma io non ne feci
querela, siccome non voleva saperne di patenti per me stesso, e fui sempre avverso ai litigi. L'uso delle mie stufe, in molte case di questa e delle vicine colonie, ha portato e apporta di continuo grande economia di legna.
(da B. Franklin, op. cit., pag. 146-147)

Franklin scienziato e uomo d'affari

Prima che io proceda a narrare la parte da me presa ne' pubblici affari durante l'amministrazione di questo nuovo governatore, sarà bene che riferisca qualche cosa del nascere e del progredire della mia riputazione di scienziato.
Trovandomi nel 1746 a Boston, vi conobbi un dottor Spence, arrivato di fresco dalla Scozia, il quale mi fece assistere ad alcuni esperimenti elettrici. Non furono troppo bene eseguiti, ch'egli non era molto esperto; ma, nuovi affatto per me, mi sorpresero e dilettarono grandemente. Di poi, non appena fui ritornato a Filadelfia, avvenne che la nostra biblioteca ricevesse in dono dal signor P. Collinson, della Società reale di Londra, una macchina elettrica, con qualche istruzione sul modo di servirsene. Io colsi con ardore questa occasione per ripetere ciò che m'era stato mostrato a Boston; e divenutone molto abile, fui presto in grado di fare anche altri esperimenti di cui riceveva notizia dall'Inghilterra, non che dei nuovi da me pensati. Aveva acquistato pratica per la gran gente che traeva alla mia casa, curiosa di vedere queste elettriche meraviglie.
Per scemare poi questa folla che mi si faceva intorno e spartirla cogli amici miei, procurai che nella nostra fabbrica di vetri venissero fatti alcuni altri tubi da macchine elettriche, e li distribuii fra quelli che sapeva capaci di servirsene; di modo che si ebbero in breve molti esperimentatori. Il più abile di questi fu il signor Kinnersley, un mio vicino, uomo d'ingegno, al quale, poiché s'era ritirato dagli affari, io persuasi che si facesse pagare per la dimostrazione de' suoi esperimenti; e stesi per lui due lezioni, nelle quali erano ordinati gli esperimenti per modo, e metodicamente dimostrati, che i precedenti sempre facilitassero l'intendere i seguenti. Egli si fece fare per questo proposito un elegante apparato, nel quale tutte le macchinette ch'io aveva rozzamente fabbricate per mio uso, erano state assai bene rifatte da esperti operai. Alle sue lezioni accorsero molti, e ne ebbero gran piacere; e dopo qualche tempo egli volle anche girare per le colonie, e ripeterle in ogni capoluogo; cosi che fece quattrini. Però nelle Antille, per la generale umidità di quell'aria, trovò difficile molto l'esperimentare.
(da B. Franklin, op. cit., pag. 194)

 

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