Charles Babbage (1792-1871), docente di matematica all’università di Cambridge, si interessò ai problemi di matematica applicata e di logica dell’organizzazione industriale, scrivendo On the Economy of Machinery and Manifactures (Economia delle macchine e delle manifatture – 1832) in cui enuncia la legge delle proporzioni ottimali di crescita della produzione e pone le fondamenta dell’ergonometria.
Come teorico dell’industrializzazione sostenne l’importanza della collaborazione delle diverse classi sociali per il mantenimento e l’accrescimento delle capacità produttive di un popolo. Viene considerato il primo teorico dell’ottimizzazione del sistema industriale.
Riportiamo qui due brani in cui, riprendendo il celebre passo di A. Smith sulla fabbrica di spilli, mostra come sia necessaria un’analisi quantitativa dello sforzo produttivo se si vuole che il principio della divisione del lavoro sia economicamente utile e osserva che se si vuole aumentare razionalmente la produzione occorre che i nuovi addetti alle operazioni di produzione siano un multiplo del numero precedente.
Il limite della sua impostazione è nella mancata valorizzazione del ruolo dei mutamenti quantitativi portati dai continui miglioramenti delle macchine e delle fonti di energia.
Le possibilità di guadagno nascono dalla osservazione della totalità del sistema di produzione
Se colui che fa un articolo di consumo vuol divenirne fabbricante, nel senso più generico della parola, non deve limitare la sua attenzione ai principii meccanici da cui possa dipendere la buona esecuzione del suo prodotto, ma deve inoltre disporre accuratamente tutto il sistema della sua produzione, in modo di poter dare il prodotto al minor prezzo possibile. In difetto di motivi esistenti nel suo pensiero, l'inevitabile concorrenza in ogni paese alquanto incivilito diviene un potente stimolo per ispingerlo verso lo studio dei principii di economia privata, che presiedono ad ogni specie di manifatture. In ogni diminuzione che sopravvenga nel prezzo del suo prodotto, bisogna che egli cerchi un compenso, diminuendo di altrettanto la spesa di qualcuna fra le sue operazioni; ed in quest'indagine la sua mente è aguzzata dalla speranza di potere dal canto suo soppiantare i suoi concorrenti. Per qualche tempo il profitto di queste invenzioni appartiene intieramente a coloro che le avranno immaginate; ma ben presto, quando una sufficiente esperienza ne abbia mostrato l'utilità, esse vengono generalmente adottate, fino a che altre invenzioni non sopraggiungano a soppiantarle con una economia anche maggiore.
(da C. Babbage, Economia delle macchine e delle manifatture, a cura di F. Ferrara, Pomba, Torino 1863, pag. 154)
Legge della moltiplicazione degli addetti alla produzione. Cause che determinano la creazione dei grandi opifici, e conseguenze che ne derivano
Esaminando il metodo della fabbricazione degli spilli, si osserva che uno spillo occupa successivamente 10 individui, adoperati ciascuno ad un lavoro diverso, e che il tempo necessario per ogni operazione è del pari differentissimo. Comunque sia, per semplificare il nostro ragionamento, noi sopporremo che ogni operazione esiga sempre la medesima quantità di tempo. Ciò ammesso, diviene evidente che per dirigere in modo profittevole una manifattura di spilli, bisogna sempre adoperare un numero di lavoranti multiplo di 10. Perché un piccolo fabbricante, a cui la limitazione dei suoi capitali non permettesse di adoperare che una metà di 10 operai, non potrebbe tenerli sempre occupati individualmente ad un dato genere di lavoro; od ancora se un gran manifattore impiegasse un numero d'operai che non sia esattamente multiplo di 10, questo medesimo difetto di specialità si riprodurrebbe per una parte dei suoi lavoranti. Siffatta osservazione si presenta sempre quando si esamini un opificio bene ordinato. In quello di Mr. Mordan, l'inventore privilegiato dei lapis senza fine, una sala è destinata all'applicazione dei suoi metodi per fabbricare penne d'acciaio. Sei torchi a volante vi agiscono di continuo. Nel primo, l'operaio colloca una sottile piastra d'acciaio sotto lo stampo che ad ogni colpo ritaglia una piastra di metallo secondo la forma occorrente alla penna. Due altri operai sono occupati a porre questi pezzetti sotto due altri torchi che vi fanno il taglio con un coltellino d'acciaio. Tre altri lavorano agli altri torchi, ove i pezzetti del metallo così preparati ricevono la forma semi-cilindrica. Siccome occorre qualche tempo per ben situare questi pezzetti, così le due ultime operazioni si fanno men rapidamente che la prima, ed un solo operaio, occupato a ritagliare le piastre di acciaio, fornisce materia abbastanza per occupare i due che fendono ed i tre che piegano i medesimi pezzetti. Se dunque si dovesse aumentare la produzione, egli è chiaro che si farebbero agire 12 o 18 torchi consimili con maggior economia, di quel che si possa adoperando un altro numero di torchi che non fosse multiplo di 6.
Il medesimo ragionamento si applica a tutte le fabbriche regolate secondo il principio della divisione del lavoro, e noi quindi arriviamo alla massima seguente: Quando, secondo la speciale natura dei prodotti d'ogni specie di manifatture, l'esperienza ha mostrato qual sia il più vantaggioso numero di parziali operazioni fra cui si debba dividere la fabbricazione, e il numero degli operai che convenga dedicarvi, tutti gli opifici che non adotteranno un numero di lavoranti esattamente multiplo, fabbricheranno con minore economia. Questa massima dovrebbe sempre aversi di mira nei grandi stabilimenti d'industria, quantunque debbasi convenire che è impossibile eseguirla rigorosamente in pratica, anche sotto il miglior sistema di divisione del lavoro. Il primo oggetto a cui si debba badare in questo esame della ripartizione del lavoro è la proporzione degli operai abili col numero totale dei lavoranti. Sotto un tal punto di vista, il rapporto esatto che conviene ad una fabbrica ove lavorino 100 operai, può non convenire perfettamente ad un'altra che ne adoperi 500, e probabilmente entrambe possono ricevere alcune modificazioni nel loro ordinamento interno, senza esacerbare sensibilmente il costo. Ma è certo che un solo individuo, ed anche cinque individui, nel caso speciale degli spilli, non possono rivaleggiare con un grande opificio. È questa una fra le cause della colossale dimensione degli opifici che si sono tanto sviluppati col progresso della civiltà. Ma altre circostanze ancora cospirano ad un tal risultato, ed esse derivano dalla medesima causa fondamentale, la divisione del lavoro.
Le materie prime devono successivamente passare da un ripartimento all'altro, secondo l'ordine della manipolazione, e questo trasporto deve eseguirsi colla minima spesa possibile, quand'anche tutte le parti dell'opificio si trovino riunite in una medesima località. Se le materie prime sono pesanti, il loro peso diviene una nuova ragione assai forte per appoggiare ciò che noi abbiamo ora asserito; ma anche nel caso in cui sieno leggere il grave inconveniente di traslocarle sovente obbliga il proprietario a riunire sotto un solo edificio tutte le diverse operazioni. Ciò si applica, p. es., all'arte di tagliare e pulire gli specchi; mentre all'incontro parecchie operazioni nella fabbrica degli aghi si fanno nelle case degli operai. Quest'ultimo modo che presenta speciali vantaggi per le famiglie degli operai, non può evidentemente adottarsi se non quando il padrone abbia mezzi sicuri e pronti di verificare la qualità del lavoro eseguito, e riconoscere se la materia prima consegnata all'operaio siasi integralmente impiegata.
Col crescere della domanda d'una manifattura, nasce e s'ingrandisce l'idea d'inventare qualche macchina per lavorarla. Coll'introduzione delle macchine la produzione si aumenta, e poco a poco surge l'idea di creare grandi opifici.
(da C. Babbage, op. cit., pag. 154-156)