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Una città industriale dell'Ottocento: Manchester

La città di Manchester è stata uno dei principali centri industriali dell’ Inghilterra dell’Ottocento.
Proponiamo qui tre testi di autori diversi che, con stili e prospettive molto differenti, evidenziano le diverse possibilità di lettura ed interpretazione del volto di una città industriale e del significato del progresso e dell’industrializzazione.

Il parere di un giornalista: Leon Facher
I passi che seguono sono tratti da un saggio apparso anonimo, con il titolo La città di Manchester, nel "Giornale di Commercio" di Palermo (13 maggio - 29 luglio 1844), e recentemente attribuito da F. Sirugo a Francesco Ferrara (1810-1900), massimo economista italiano del Risorgimento, allora giovane segretario della Camera di Commercio di Palermo. In realtà autore dell'opera è Leon Facher (1803-1854), pubblicista e uomo politico, collaboratore di uno dei maggiori giornali francesi del suo tempo e direttore dal 1839 al 1842 del "Courier Français". Attraverso le immagini del ragno e del vulcano Facher in modo molto pittoresco descrive l'efficienza dell'organizzazione capitalista.
Da una parte Manchester, al centro della tela, controlla ogni momento della produzione e della distribuzione della merce, in base alla divisione del lavoro che rende enormemente rapida ogni operazione e riduce anche il tempo a valore economico. Dall'altra il lavoro operaio che si svolge nei sotterranei di un vulcano, richiamando così la fucina mitica del dio del fuoco e attribuendo all'operosità umana un significato quasi religioso
In questa prospettiva l'inquinamento della natura, "le acque dell'Irk nere e puzzolenti", ha una sua ragione d'essere, perché risponde alle esigenze del capitale così come la monotonia in mezzo al caos nasconde in realtà un piano preciso: la rapidità dei trasporti in nome della quale si accetta anche il sacrificio di ogni spazio verde.

La topografia industriale della contea di Lancastro è curiosa oltremodo. Manchester è collocata, come un diligente ragno, nel centro della tela ed estende le sue strade ferrate verso gli ausiliari della fabbrica, villaggi una volta, città anch'esse oggi e quasi sobborghi della grande città. Un ordine partito la mattina da Liverpool è discusso tra i fabbricanti alla borsa di Manchester verso mezzodì: la sera è distribuito tra le manifatture dei dintorni. In meno di otto giorni, il cotone filato a Manchester, a Bolton, a Oldham, o nelle vicinanze di Ashton, è tessuto nelle fabbriche di Bolton, di Staley-Bridge, o di Stockport, e tinto e stampato a Blackburn, a Chorley o a Preston, apparecchiato, misurato, impacchettato a Manchester.
Per questa divisione di travaglio fra le città, nelle città fra le fabbriche, nelle fabbriche fra gli operai, l'acqua, il carbone, le macchine travagliano senza riposo; l'esecuzione va rapida come il pensiero, l'uomo partecipa in certo senso alla potenza della creazione; l'uomo decreta che il tessuto si faccia, e il tessuto è già fatto. Manchester, che tiene agli ordini suoi e come nel suo pugno tutte queste agglomerazioni industriali, ella stessa forma un'aggregazione la più straordinaria, la più interessante e, sotto alcuni riguardi, la più mostruosa che il progresso della società abbia improvvisato. La prima impressione non vi previene in favor suo: il sito non spicca e l'orizzonte è fosco. Attraverso i vapori che esalano da questa paludosa contrada, e sotto la nebbia di fumo che sgorga dalle sue officine, il travaglio ha un che di mistero, di simile all'attività sotterranea di un vulcano. Non grandi linee, non sommità che guidino l'occhio e l'aiutino a misurare quel vasto insieme. La città non si distingue né per contrasti che erano il carattere della città dei bassi tempi, né per la simmetria che presentano le città di recente formazione. Tutte le case, tutte le strade si rassomigliano; ma è l'uniformità in mezzo alla confusione. Guardandovi un po' più da vicino un cert'ordine nondimeno si scopre. Le manifatture e gli opifici formano un recinto intorno alla città e seguono il corso delle acque. Ergono i loro sette piani lungo l'Irwell, e sul margine dei canali che, penetrando più innanzi in Manchester, vi formano una linea interna di navigazione. Le acque dell'Irk, nere e puzzolenti, servono alle concerie e alle tintorie, quelle del Medlock alle stamperie, alle fabbriche di macchine e alle fonderie. Il margine dell'Irwell, che sembra essere stato la prima sede di questo incivilimento, oggi tuttavia ne forma il centro. Lungo il suo corso sono collocati i suoi edifizi municipali. Discendendo dalla collina su cui s' innalza la casa dei poveri, s'incontrano il collegio, la vecchia chiesa (old church), la Borsa e, dall'altro lato, i tribunali e le carceri. Da Pendleton alla via di Londra, una grande strada tronca, che traversa la città da Ponente a Levante, offre alle sue estremità le botteghe degli artefici, e al suo centro, in Market-Street, in Piccadilly, i magazzini di lusso, le librerie, gli uffici dei giornali. […].
Da queste combinazioni, indifferenti in apparenza, risulta una grande economia di tempo e di spese nella produzione. Forse vi è da dolersi del poco spazio che si è riserbato agli uomini, della mancanza di pubbliche piazze, fontane, alberi, passeggi e siti ventilati; ma certo, era difficile avvicinare di più i prodotti al mercato, le macchine ai motori, la mercanzia ai mezzi di trasporto. Le strade di ferro giungono, sostenute da archi, sino al punto in cui comincia la pena di andarle a cercare; i canali passano sotto le strade, ramificandosi in tutti i quartieri e portando i battelli da carbone sino alla porta delle filande o sino alla bocca dei fornelli.

(da La città di Manchester, 1844, in Rosario Romeo e Giuseppe Talamo, Documenti Storici, vol. III, Loescher, Torino 1970, pp. 41-44, con brevi tagli).

II parere dell'architetto: Karl Friedrich Schinkel
Karl Friedrich Schinkel (1781-1841), architetto, pittore e incisore tedesco. La sua attività di architetto è legata al rinnovamento di Berlino, secondo un progetto che doveva celebrare il trionfo del nazionalismo prussiano dopo la sconfitta di Napoleone. La necessità di conoscere l'architettura e l'urbanistica delle vane città europee lo portò in Francia, Italia, Inghilterra, come risulta dai suoi stessi diari di viaggio.
Da uno dei suoi diari è tratta la nota seguente relativa a un viaggio in Inghilterra avvenuto nel 1846 e a una sua visita a Manchester.
La descrizione oggettiva dell'architetto si evidenzia nell'uso di un linguaggio semplice, privo di metafore e di immagini pittoresche, adatto a rappresentare I'insieme degli edifici industriali, di cui è sottolineato l'aspetto estetico. Non mancano tuttavia cenni ai problemi sociali derivati dalle crisi di sovrapproduzione e dai salari operai.

Lunedì 17 luglio, a Manchester.
Gli edifici sono alti da sette a otto piani, e lunghi e profondi quanto il castello di Berlino; sono tutti muniti di volte incombustibili; un canale pieno d'acqua scorre accanto ad essi, un altro dentro ad essi. Le strade della città conducono dentro questi blocchi di edifici, e passaggi di collegamento si intrecciano al di sopra di esse. Tutta Manchester è uguale; sono le filande per il tipo più sottile di cotone. […]  L'intera industria della città si trovava in quel tempo in una grave crisi. Seicento operai irlandesi erano appena stati rimpatriati a spese della città per mancanza di lavoro, e 12.000 operai si erano radunati per organizzare una sollevazione, poiché molti di essi, pur lavorando 16 ore al giorno, potevano guadagnare soltanto due scellini per settimana. Società che costavano 500.000 sterline, avevano ora il valore di sole 5.000 sterline. Dall'epoca della guerra con la Francia, nel Lancashire sono state fondate 400 nuove fabbriche. Si vedono elevarsi edifici dove appena tre anni fa erano campi, e questi edifici sono già così neri come se fossero vecchi di cent'anni. Gli enormi blocchi di edifici, costruiti da semplici capomastri senza alcuna arte con mattoni rossi, con il fine di soddisfare una necessità immediata, fanno un'impressione piuttosto sgradevole.

(da K. F. Schinkel, Note di viaggio, in F. Klemm, Storia della tecnica, Feltrinelli, Milano 1966, p. 302)

Il parere dello storico: Friedrich Engels
Appartenente ad una ricca famiglia di industriali tessili tedeschi, F. Engels (1820-1895), viene inviato a Manchester, nel 1843, per ultimare il suo apprendistato di imprenditore. Durante questo soggiorno il giovane, allora ventiquattrenne, ha modo di osservare, studiare e raccogliere una ricca documentazione sulle condizioni di vita e di lavoro del proletariato industriale inglese, da cui l’anno successivo, tornato in Germania, ricaverà il saggio La situazione della classe operaia in Inghilterra.
Come osserva I. Calvino, si deve a questo giovane, che al punto di vista interno dovuto alla sua appartenenza al mondo dei padroni unisce quello esterno dello straniero "attento al negativo proprio della filosofia di Hegel in cui si è formato", la rappresentazione più cruda e negativa della città industriale.

Manchester comprende 400.000 persone, piuttosto più che meno. La città stessa è costruita in modo singolare e si potrebbe abitarvi per anni e entrarvi e uscirne ogni giorno senza mai venire a contatto con un quartiere operaio o anche soltanto con operai, almeno fino a quando ci si limita a occuparsi dei propri affari o ad andare a passeggio. E ciò deriva principalmente dal fatto che, per un tacito, inconsapevole accordo, come pure per una consapevole ed espressa intenzione, i quartieri operai sono nettamente separati dai quartieri destinati alla classe media, ovvero, ove ciò non è possibile, sono stati coperti con il manto della carità.
Ad eccezione del quartiere commerciale, tutta la vera Manchester, tutta Salford e Hulme, una parte notevole di Pendleton e Chorlton, due terzi di Ardwick e singole strisce di Cheetham Hill e di Broughton non sono che un unico quartiere operaio che, simile ad una fascia larga in media un miglio e mezzo, cinge il quartiere commerciale. Fuori, oltre questa fascia, abita la media e alta borghesia. La media borghesia in strade regolari nelle vicinanze dei quartieri operai, specialmente a Chorlton e nelle contrade più basse di Cheetham Hill; l'alta borghesia nelle lontane ville con giardino di Chorlton e Ardwick, o sulle ariose colline di Cheetham Hill, Broughton e Pendleton, nella sana, libera aria di campagna, in comode e lussuose abitazioni, dinanzi alle quali passano ogni quarto d'ora o ogni mezz'ora gli omnibus diretti verso la città. Ma il più bello in tutto ciò è che questi ricchi rappresentanti dell'aristocrazia del denaro possono attraversare i quartieri operai, seguendo la strada più diretta per arrivare ai loro uffici al centro della città, senza neppure accorgersi della miseria che si stende tutt'intorno. Infatti lungo i due lati delle strade principali che dalla Borsa conducono in tutte le direzioni fuori di città, si stendono negozi in fila quasi ininterrotta. Queste strade si trovano quindi nelle mani della piccola e media borghesia, la quale se non altro per motivi di interesse mantiene e può mantenere un aspetto più decoroso e pulito.
A questo modo è facile, conoscendo bene Manchester, dedurre dalle strade principali quali sono i quartieri retrostanti, ma difficilmente da esse si è in grado di contemplare direttamente i veri quartieri operai. So molto bene come questa ipocrita urbanistica sia comune, più o meno, a tutte le grandi città; so anche che i negozi al minuto proprio per la natura dei loro affari devono occupare le grandi strade principali; so che, dovunque, in tali strade si trovano più case belle che brutte e che nei loro paraggi il valore dei terreni è più alto che non nelle zone più lontane; ma in nessun luogo come a Manchester ho trovato altrettanta sistematicità nel tener lontana la classe operaia dalle strade principali, altrettanta sollecitudine nel nascondere delicatamente tutto ciò che potrebbe offendere l'occhio e i nervi della borghesia. Questa è la città vecchia di Manchester. [...]
La città nuova, detta anche la città irlandese (the Irish Town), si stende al di là della città vecchia, sopra una collina argillosa tra l'Irk e St. George's Road. Qui cessa ogni sembianza di città; singole file di case o gruppi di strade sono sparsi qua e là come piccoli villaggi sul nudo terreno argilloso, dove non cresce neppure l'erba; le case, o piuttosto i cottage, sono in cattivo stato, mai riparate, sudice, dotate di abitazioni in scantinati umidi e insalubri; le strade non sono lastricate né hanno canali di scolo, ma ospitano innumerevoli colonie di maiali, rinchiusi in piccoli cortili e stalle oppure liberi di passeggiare per il pendio. Queste strade sono così fangose che soltanto quando il tempo è molto asciutto si ha la possibilità di attraversarle senza affondare fino alle caviglie ad ogni passo. Nelle vicinanze di St. George's Road gli isolati si fanno più fitti, e ci si imbatte in una serie senza fine di vie, vicoli ciechi, stradette secondarie e cortili, che si fanno sempre più numerosi e disordinati quanto più ci si avvicina al centro della città. In compenso, sono più frequenti le strade lastricate o almeno provviste di marciapiedi selciati e di canali di scolo; ma la sporcizia e i difetti delle case, particolarmente delle cantine, rimangono i medesimi.
(da F. Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, trad. di R. Panieri, Editori Riuniti, Roma 1978, pp. 82-83, 93)

(adattamento da Raspadori-Tellini, La città moderna, Palombo, Palermo, 2001, pp. 12-16)

 

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