
ULISSE
Forti correnti
agitano la scuola in Europa. Tanti, immobili, temono di
avventurarsi nella tempesta. Tanti, con leggerezza, veleggiano nella scuola
senza incrociare il forte richiamo che da ogni parte dell’Europa arriva a
tutte le scuole perchè contribuiscano ad indirizzare al meglio le giovani
generazioni, che con l’allargamento europeo saranno75 milioni. Le scuole
sono chiamate a sviluppare un rigoroso sistema di valutazione. Alcuni Stati
sono già attrezzati. Altri sperimentano come dotarsi di originali strumenti.
Ma in questo campo l’originalità ha un solo significato: fedeltà ai propri
progetti.
Per questo la grande corrente della
valutazione è direttamente
intrecciata alle qualità che nelle scuole possono essere coltivate.
Si
consideri, come prova, la progressione esponenziale con cui in Lombardia le
scuole si avvicinano alla pratica dell’autovalutazione e alla preliminare
precisazione dei propri progetti educativi.
Ma il filo della navigazione di questo numero è la scoperta di un altro
intreccio che ancora più in profondità trascina un’altra corrente: quella
della diffusione della cultura della prevenzione e della sicurezza a scuola.
Quanto questa corrente possa essere benefica per garantire e innalzare le
qualità di ogni istituto scolastico ci ha spinto a indagare l’intreccio tra
valutazione e sicurezza, documentando il più fedelmente possibile quanto
proprio recentemente a Roma i responsabili europei hanno elaborato.
Fa parte
di questo nostro disegno informativo anche il desiderio di mettere in
guardia i naviganti sui tanti pericoli che questo intreccio di correnti
nasconde.
Sul sito ne documentiamo i principali:
— c’è la lettura riduttiva di chi immagina l’auto-valutazione solo come un
trucco per aggirare il fallimento del vecchio “concorsone”, quasi che la
valutazione sia risolvibile nei termini di una mera trattativa sindacale;
— c’è la lettura in chiave patologica di chi pensa che la crisi della scuola in Europa
sia assimilabile ad una crisi depressiva che ha fatto “scoppiare” i docenti,
assimilandoli alla categoria dei matti o degli appestati, dimenticando che
il disagio (di cui il “laboratorio didattico” si è ampiamente occupato) va
trattato in chiave didattica e scientifico-pedagogica;
— c’è poi chi spera che le diagnosi scientifiche, pur corrette, di per sé
siano idonee a generare le più opportune terapie;
— c’è infine chi dimentica che la crisi dei docenti è il risultato di tutta
la crisi che attraversano i funzionari nell’era dell’innovazione europea.
Una crisi lucidamente assimilabile alla metafora della caduta dell’aquila.
Crediamo di aver fornito elementi per capire l’intreccio delle correnti e di
non esser stati risucchiati anche noi in una lettura riduttiva del processo
innescato dall’Europa Unita per innalzare le scuole al loro compito
educativo.

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