Portfolio fatto e finito.

Era appena stato disegnato e cucito addosso alle scuole il portfolio, perché lo facessero indossare ad ogni studente ed ecco il contrordine: il portfolio non lo si può più adoperare, viola la privacy (nota ministeriale del 12 giugno, prot.5596).
In realtà il testo sulla privacy della precedente amministrazione politica, elaborato contestualmente al portfolio, non è mai entrato in vigore, perché presentato, ma tenuto debitamente nel cassetto per futura approvazione. Quindi il portfolio è il vero frutto politico, fatto e subito finito. La privacy solo l’alibi per far cadere quel frutto.
Forse, adesso, chi di dovere penserà rapidamente all’approvazione di quel regolamento sulla privacy a scuola. Ne circolano nelle segreterie di dati sensibili. Cosa farne? Come trattarli?
E i voti?
Si tornerà alla cara vecchia pagella.
Sì, perché in fondo il portfolio nella concezione originaria voleva essere una nuova scheda di valutazione, che accompagnasse tutto l’iter di uno studente.
La sua caduta non dipende da un affievolirsi della spinta valutativa della scuola, ma dell’insofferenza italiana a recepire analoghi fogli europei.
Perché ispirarsi al National Record of Achievemnt o alla sua evoluzione in File Progress, una documentazione accurata che in Irlanda, Scozia e Inghilterra accompagna e interagisce con il percorso della vita scolastica di uno studente, nel tentativo di aiutarlo ad orientarsi?
Anche il progetto tedesco, che mira a testimoniare i progressi fatti da uno studente nella conoscenza e uso di una lingua, non è parso di grande utilità.
Forse sarà apparso generico il tentativo portoghese di accompagnare per tutti i 9 anni di scuola di base tutti gli studenti con un documento che si arricchisce di anno in anno per essere poi passato al tutor del nuovo tipo di scuola scelto.
In Spagna, analogamente agli altri paesi, c’è l’espediente. Chiaro che non poteva introdursi in Italia un espediente di qualsivoglia natura, specie se affidato nelle mani di un tutor. Meglio riflettere e prendere tutte le opportune precauzioni, a scanso di sorprese.
Bisogna confessare che un certo fascino lo esercitava il francese livret scolaire. Forse questione di suono, ma, svanito il primo entusiasmo, è apparso anch’esso subito pericoloso: mantiene memoria non solo di tutti i voti, ma anche di tutti i giudizi e di tutte le comunicazioni scuola-famiglia. Meglio non esporsi.
Più pericoloso di tutti è apparso il caso della Norvegia. Lì il portfolio lo si sperimenta liberamente sino alle prime esperienze professionali.
Che fare, allora?
Meglio tenersi la pagella.
Da noi -è questione di cuore- : “ Carta canta ! ” e, per chi con la pagella è cresciuto, la pagella dice tanto, dice tutto. “Canta”, appunto. Altro che portfolio.
Perciò: pagella a scuola e portafoglio al lavoro.
La qualità la misureremo a dané, commenterebbero i lombardi.

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Si veda:
1) - Italia Oggi, a cura di Benedetta P. Pacelli,
Solo l’Italia boccia il portfolio, 11 luglio 2006, p.43.